Grazie all’alternarsi di tratti ricchi di vegetazione e crinali rocciosi e pareti a strapiombo, ad Arenzano è possibile praticare l’arrampicata sportiva, cimentandosi in qualche facile tiro di corda.
Vie attrezzate ottime per imparare ad arrampicare, in ambiente non di falesia, con uno splendido panorama sul mare nel Parco del Beigua.
Altitudine (m): 650
Dislivello avvicinamento (m): 500
Sviluppo arrampicata (m): 160
Esposizione: Sud
Grado massimo: 4
Difficoltà obbligatoria: 4
Località di partenza: Campo
Da Arenzano si prende la statale Aurelia per Cogoleto, appena valicato prendere deviazione a destra per zona industriale Val Lerone e si prosegue per agriturismo Argentea superato il quale, dopo qualche tornante si raggiunge un parcheggino dove la strada finisce. Si imbocca a piedi una carrareccia erbosa che sale sulla destra (sbarra, segnavia ▲). Questa guadagna subito quota con alcuni tornanti, poi aggira uno sperone boscoso e, lasciata a destra la mulattiera della "Via diretta" al Monte Argentea (segnavia ☆) si inserisce, dall'alto, nel vallone del Rio di Lerca. Si prosegue con salita costante, fino a quando, prima che la carrareccia inizi a scendere, si abbandona il proseguimento della carrareccia per prendere una bella mulattiera sulla destra (seguire sempre segnavia ▲), che prosegue a salire per boschi e pietraie.
Superato un primo rio, la mulattiera effettua un altro traversone in ripida salita e raggiunge poi l'alveo del piccolo Rio Cinè, oramai in vista della severa Cresta delle Segàge (h 0,50).
Attraversato il rio, si lascia la mulattiera (grosso ometto su un sasso) per attaccare la ripida china erbosa a monte: seguendo i preziosi ometti di pietre e le discontinue tracce di passaggio, si rimonta l'aspro vallone (quasi un canalone) compreso fra la Cresta delle Segàge (a sinistra) e la Costa della Botte (a destra), entrambe irte di torrioni e spuntoni rocciosi. La salita è veramente ripida, ma la traccia aiuta: superata una piccola malagevole pietraia, si sale a sinistra di uno sperone roccioso fino quasi alla testata del vallone. Si rimonta una rampa erbosa a destra in direzione di un'evidente placca delimitata da due lunghi diedri; senza raggiungere la base della placca si devia a destra su una comoda cengia erbosa. Si segue per pochi metri la cengia verso destra, fino al piede di uno sperone roccioso sul quale si riconoscono gli spit (attacco presso una piccola nicchia rocciosa con cordone di sosta h 0,40 dal Rio Cinè).
Tempo totale 5,00h circa di cui circa 2 ore la via.
Difficolta AD (III+ un passo IV ).
Via attrezzata, ottima per imparare ad arrampicare in ambiente non di falesia.
Splendido panorama sul mare.
Fonte: gulliver.it
Dal casello di Arenzano dell'autostrada Genova Ventimiglia si va a destra e, dopo 300 m circa si gira nuovamente a destra, passato l'ospedale si giunge alla frazione Terralba. Qui s'imbocca (subito dopo una farmacia) a sinistra via Pecorara che sale ripida verso nord.
Giunti a un bivio si va a destra in salita, seguendo le indicazioni per Centro ornitologico – case Vaccà fino al pian del Curlo dove si lascia l'auto.
Da qui si prende lo sterrato in salita e, arrivati al bivio, evitare la strada a sinistra che porta al rifugio case Vacca e restare sulla strada imboccando il ripido sentiero sulla destra con due bolli rossi; esso raggiunge in breve il sentiero orizzontale marcato A rossa che si segue a destra e prende a salire verso la dorsale che nasconde il rifugio. In 10’ giunti in cima al crinale si vede il rifugio e la palestra con sotto il mare. Tempo totale 30-40’.
Palestra, recentemente attrezzata da istruttori del C.A.I. Ligure, è ideale per esercitazioni di arrampicata e manovre di corda. Un piccolo rifugio è alla base della parete, sorgente alla base. Numerose vie brevi di media difficoltà, spit resinati inox, soste con catena. Le vie sono tutte col grado massimo dato da uno o due passi, il resto sul quarto.
Fonte: gulliver.it
Tempo totale: h 2,30 circa di arrampicata
Dislivello: 150 m circa di arrampicata
Difficoltà: ad- molto discontinuo (passi di iii°+/iv°)
Materiale utile: corda da 30 m, casco, 7-8 rinvii, cordini e moschettoni
Periodo consigliato: primavera e autunno
Dal casello di Arenzano dell'autostrada Genova Ventimiglia si va a destra e, dopo 300 m circa si gira nuovamente a destra, passato l'ospedale si giunge alla frazione Terralba. Qui s'imbocca (subito dopo una farmacia) a sinistra via Pecorara che sale ripida verso nord.
Giunti a un bivio si va a destra in salita, seguendo le indicazioni per Centro ornitologico – case Vaccà fino al pian del Curlo dove si lascia l'auto e si seguono le indicazioni per il riparo Scarpeggin.
Proseguendo oltre lo Scarpeggin, il tracciato asseconda la testata di un ampio vallone, poi si lascia a sinistra la traccia diretta al Passo della Gavetta (ometti e segnavia V, per proseguire in piano sul sentiero A che, con lungo percorso, taglia una serie di vallonetti (facili guadi) sul versante meridionale della Rocca dell’Erxo. Aggirato un costone, si guadagna quota con un paio di tornanti, quindi si passa al di sotto di un traliccio dell’alta tensione e, con un ultimo traversone, si giunge su un nuovo costoncino, dove, presso un pilastrino roccioso si trova l’attacco della via, segnalato da un grosso ometto a destra e da un fix sulla placchetta a sinistra (h 1,15 dal Curlo).
Si riporta qui la numerazione di tutti i tiri, anche se molti in realtà possono essere effettuati tranquillamente in conserva, vista la relativa facilità dei passaggi.
Si segue il sentiero segnato “●●” che con strette svolte scende il ripido pendio occidentale della Rocca dell’Erxo, fra erba e radi alberi, fino al ben visibile Passo della Gavetta (h 0,15 dalla cima). Seguendo a sinistra il sentiero segnato con la “V”, si ritorna sulla “A” e, attraverso il Ricovero Scarpeggìn, nuovamente alla località Agueta (h 0,40 dal passo).
La Rocca dell’Erxo (898 m) è una montagna prevalentemente erbosa situata nel Gruppo del Beigua, nell'entroterra di Arenzano, e costituisce una sorta di “anticima” al poco più elevato Monte Tardia di Ponente.
La Rocca dell’Erxo presenta fianchi ripidi ma prevalentemente erbosi, ad eccezione di quello sudorientale, dove dai prati fuoriescono alcune modeste e fratturate strutture rocciose. Lungo questo versante un anziano ed affezionato alpinista arenzanese, Nino Parodi, ha tracciato nel corso degli anni una divertente (anche se un po’ discontinua) via di stampo classico, con difficoltà contenute ma in ambiente aperto, panoramico e su roccia in gran parte solida. La via è da sempre nota come “Ni.Pa.”, in omaggio al primo salitore.
Fonte: gambeinspalla.org
A piedi da Arenzano attraverso vari sentieri di cui il più frequentato è quello che dal pian del Curlo (292 m), sopra Terralba, porta al passo della Gava, dove parte il sentiero segnato con 3 bolli rossi che conduce al ricovero della fonte Fasciun (973 m.). Dalla piccola costruzione, in direzione ovest si segue il sentiero lastricato (3 rossi) che taglia a mezza costa la vasta pietraia verso la Collettassa.
In auto si raggiunge il passo del Turchino e si imbocca la strada provinciale SP73 che conduce al passo del Faiallo. Nelle immediate vicinanze dell'albergo del Faiallo inizia il sentiero AV dell'alta via dei Monti Liguri. Seguendo le indicazioni si arriva sullo spartiacque appenninico, al passo Vaccaria, si prosegue in direzione sud/ ovest sull'ampia dorsale panoramica. Raggiunta la Cima Pian di Lerca, dove sorge il rifugio Argentea, due le possibilità per raggiungere lo sperone basso:
Dal sentiero lastricato sotto lo sperone, si risale la pietraia raggiungendo il contrafforte roccioso, si attacca il primo risalto sulla destra fino ad un’ampia terrazza (15 metri). Si segue la cengia a sinistra e si risalgono le rocce gradinate ed erba raggiungendo un anfratto non visibile dal basso.
Con bella arrampicata atletica si supera la lama frastagliata (III + chiodo) raggiungendo un ancoraggio.
Con elegante arrampicata si superano le belle rocce arrivando sotto un pino dove si incontra il sentiero, lo si segue per una trentina di metri per poi deviare a sinistra raggiungendo la base dello spigolo alto dove dalla sosta iniziano quattro vie chiodate.
Si arrampica sulla via di destra con passi di III + facilitati dagli ancoraggi presenti. Le due vie di sinistra (fessura e spigolo) sono più difficili. (IV e V) Al termine della fascia rocciosa in breve si guadagna la vetta.
Sul versante orientale del monte, modesti speroni formati da un insieme di placche e anfratti rocciosi, permettono di salire in modo alpinistico e divertente l'ultimo tratto per raggiungere la cima.
I brevi tiri presentano dei buoni ancoraggi naturali e/o su chiodi in concomitanza di nuove vie che si stanno attrezzando sui due contrafforti rocciosi.
Altitudine (m): 500
Dislivello avvicinamento (m): 250
Sviluppo arrampicata (m): 400
Esposizione: sud
Grado massimo: 3
Difficoltà obbligatoria 3
Da Arenzano salire verso la zona industriale e di li per loc. Campo dove finisce la strada asfaltata lasciare l'auto e seguire la sterrata per pochi metri due tornanti prendere il sentiero marcato stella Bianca seguire per circa 40 minuti fino ad incontrare un pannello segnaletico, abbandonare la stella bianca e in falso piano direzione est nordest proseguire verso il rio Lerbin passarlo fino ad incontrare una panca di legno dove inizia la cresta che conduce sempre sul filo mai difficile fino alla Collettassa e volendo proseguire fino alla Vetta.
Cresta molto semplice massimo terzo grado, facile e scolastica,
tutte le difficoltà sono azzerabili e volendo si può trovare qualche bel passaggino....volendo in cordata si presta per progressione in Conserva con zone ben proteggibili su spuntoni e fessure
piacevolissima nei periodi invernali o tardo autunnali con vista mozzafiato sul golfo.
Tutta su sentiero Stella Bianca.
Fonte: gulliver.it
N. Vie: 27
Difficoltà: 3a/7b
Altezza: 100 mt.
Chiodatura: è stato riattrezzato con fittoni inox resinati
Accesso stradale: si esce al casello autostradale di Arenzano (A-10) alla rotonda girare a destra per Cogoleto(SS1), arrivati sul lungomare girare subito a destra (SP78), seguire la strada provinicale per circa 10km, dopo aver costeggiato sulla sinistra un campo da golf, si entra nell'abitato di Sciarborasca;
girare a destra in via al Piano in corrispondenza della trattoria "In sciu punte" (è la prima via a destra che si incontra dopo il campo da golf) proseguire per 300m, in prossimità di una curva stretta a destra (che gira attorno ad una casa gialla) prendere una strada sulla sinistra, molto stretta, che dopo poco vi condurrà alla vasca dell'acquedotto dove è possibile posteggiare. Si segue il rombo rosso per il monte Rama per breve tratto. Al secondo cartello con indicazione palestra di roccia si abbandona il sentiero per scendere verso il fiume e poi risalire allo Scagiun.
Tempo d'avvicinamento dal parcheggio 20 minuti circa.
Forse il settore di arrampicata più bello nell'entroterra di Cogoleto, ambiente superbo, panorama splendido.
Per la varietà delle vie questa parete è adatta a tutti, principianti ed esperti.
I vari settori permettono di arrampicare per tutto il periodo dell'anno. In estate è preferibile il tardo pomeriggio.
Fonte: falesia.it
La Costa dei Guadi è un lungo sperone, in gran parte costituito da fitti boschi sui quali emerge un sottile crinale di turrite roccette, che si origina presso il Ponte Negrone, in Val Lerone, alla confluenza dei due principali corsi d'acqua della zona: il Rio Leone ed il Torrente Negrone. Da questo punto la cresta sale turrita, costituendo il versante sinistro idrografico del selvaggio Vallone dei Guadi, percorso dall'omonimo pittoresco rio. Il primo tratto della cresta, pur presentando già diversi affioramenti rocciosi (specie a nord-ovest), risulta assai discontinuo e molto disturbato dalla fitta vegetazione: partendo da più in alto, però, e precisamente dal recentemente ristrutturato Ricovero Sambuco, la risalita dell'articolato crestone risulta assai piacevole, con passaggi aerei e molto panoramici. In alto si incrocia, presso un colletto, il marcato sentiero A, che consente varie comode possibilità per il ritorno. La prosecuzione lungo la cresta, da questo punto in poi, perde di interesse, in quanto gradualmente questa si allarga a costone erboso ripido, faticoso e dalla vegetazione fastidiosa.
Come un po' tutti gli itinerari di questo tipo, frequenti nel Gruppo del Beigua, le difficoltà variano molto a seconda delle linee di salita scelte, non essendo quasi mai (a parte in pochi punti) la via obbligata. Nella prima parte della via si incontrano alcuni piccoli ometti di sassi.
Tempo Totale: h 5,15 - 5,45 (di cui h 2,00 di arrampicata effettiva) a seconda dell'itinerario scelto
Dislivello: 700 m circa (di cui 250 m circa di arrampicata)
Difficoltà: pd/pd+ (a seconda della linea scelta) con passi di III° ed un tratto di IV°/IV°+ evitabile
Materiale: Utile casco, eventualmente corda da 30 m, cordoni, qualche nut e friend
Periodo: Consigliato dall'autunno alla primavera (evitando le giornate troppo fredde o ventose)
Commenti: Bella salita, facile ma assai interessante e panoramica. I passaggi sono in gran parte non obbligati, ma nella parte alta della cresta non manca una certa eleganza di linee. La roccia, tenuto conto del genere di itinerario, è quasi ovunque buona. Il tratto di IV°/IV°+ è facilmente aggirabile.
Superato il ponte Negrone, da cui si possono vedere interessanti "marmitte dei giganti", si prosegue a destra, seguendo il segnavia I: "Sentiero dell'Ingegnere", un tracciato di fine '800 costruito per i lavori, mai portati a termine, di captazione delle fonti della zona per portare acqua potabile ai centri costieri. Il sentiero inizia a salire, dapprima con pendenze moderate di fianco al Rio Negrone, poi più ripidamente, alla base di curiose formazioni rocciose. Attraversato il rio più a monte verso sinistra, un'altra breve salita nel bosco conduce ai piedi della selvaggia gola del Rio Cû du Mundu: segnavia bianchi indicano il percorso di risalita nella gola, riservato comunque ad alpinisti esperti (passaggi di III° grado). Oltre lo sbocco della gola, il sentiero inizia a risalire, con lunga serie di tornanti, la ripida Costa du Môu, fra rocce e boschi: sull'opposto versante dello stretto vallonetto, gli umidi appicchi del tratto inferiore della Costa dei Guadi incutono una sensazione di repulsività diffusa.
Si giunge così al punto dove, a destra, si origina una diramazione segnalata C5: trascurata dunque la prosecuzione del "Sentiero dell'Ingegnere", si segue quest'altro sentiero, che inizia a scendere gradualmente a mezza costa nel fitto bosco. Si attraversa prima il Rio du Môu presso una cascata (attenzione alle rocce viscide per via del salto sottostante) e, dopo pochi minuti, il più impetuoso Rio dei Guadi (breve corda fissa poco prima di scendere sul letto del corso d'acqua). Si riprende a salire dall'altra parte, sempre nel bosco, e si raggiunge la sommità del costone della Costa Guadi circa a metà del suo sviluppo, in questo tratto ampio ed alberato: una freccia di legno sulla sinistra ("panchina panoramica") e una scritta rossa su un masso ("Rio dei Guadi") indicano il punto dove abbandonare il sentiero.
Ci si inerpica per una labile traccia a sinistra, rimanendo sul versante del Rio dei Guadi, uscendo in breve nella piccola radura dove sorge il bel Ricovero Sambuco. All'estremità opposta della radura si prosegue lungo vaghe tracce (tacche rosse sbiadite) che risalgono il bosco in diagonale: costeggiata verso destra una barriera di cespugli, si raggiunge una selletta erbosa, nuovamente nel solco principale del Vallone dei Guadi. Trascurando la traccia che scende oltre la sella, diretta al rio, si prosegue per qualche decina di metri lungo una traccia a mezza costa, in lievissima salita, per poi abbandonarla e risalire a destra il breve ma ripido pendio boscoso che consente di raggiungere la base delle rocce della Costa dei Guadi. Si risale un evidente, breve canalino erboso che si insinua fra le rocce fino a raggiungere lo stretto forcellino cui fa capo (ometto). Sulla roccia a destra si trova un altro ometto, mentre a sinistra inizia la cresta vera e propria (h 1,00 dal Ponte Negrone, attacco).
Si risale l'erto pendio, per erba e roccette, mantenendosi all'incirca sul filo, fino ad uscire sulla sommità del torrione (ulteriore ometto). Si prosegue lungo il filo di cresta, in saliscendi (passi di II°), aggirando ora a destra, ora a sinistra, i brevi risalti un po' più ostici.
Giunti sulla sommità di un torrione, che dall'altra parte precipita con una breve paretina verticale, si scende espostamente qualche metro a sinistra, per tagliare sotto la cuspide lungo una cengia via via più comoda che consente di toccare la successiva forcelletta erbosa scendendo lungo un'articolata crestina (II°).
Si prosegue per il filo, nuovamente facile, con difficoltà di I°/I°+: dalle sommità dei numerosi spuntoni, o dalle poco profonde forcelle, si aprono panoramici scorci sul selvaggio Vallone dei Guadi, dove il rio precipita con spettacolari cascate in una gola rocciosa.
Si attacca ora un risalto un po' più ripido, e con passi un po' più delicati (II°+/III°) si giunge ad una breccia fra un ardito spuntone inclinato ed un più corposo torrione. Si risale il ripido spigolo del torrione (III°, esposto, eventualmente assicurarsi a corda) e se ne raggiunge l'ampia sommità, costituita da grossi massi. Si scende dall'altra parte ad una forcella, si evita un pinnacolo scendendo lungo un canalino a sinistra e rimontando poi un breve pendio erboso per ritornare in cresta e si giunge alla base del tratto chiave della salita.
Si rimonta un primo breve risalto (II°+), quindi si prosegue sul filo del crinale fino alla base dell'anfiteatro erboso racchiuso da due crestine parallele: traversando a sinistra, si può percorrere la cresta più affilata, con difficoltà di IV°/IV°+, mentre risalendo la cresta di destra, raggiungibile da diversi punti oltre lo strapiombante salto iniziale, le difficoltà non superano il III°. In un modo o nell'altro, con bella arrampicata su roccia più che buona, si esce alla selletta erbosa dove le due creste si incontrano nuovamente.
Si continua ancora lungo la cresta di roccette, qui nuovamente facile (I°) fino ad un ultimo torrione inciso da un ampio canale erboso: si sale per un tratto nel canale, poi si traversa a sinistra (attenzione, ripido!) fino ad afferrare una fra le due cenge diagonali che conducono sul filo della cresta. Si risale la cresta, di ottima roccia rugosa, con passi di III° fino alla sommità del torrione, da dove appare la traccia trasversale del sentiero A, che taglia in orizzontale la successiva forcella boscosa. Scendendo per grossi massi, e quindi per un breve camino verso destra (II°), si raggiunge velocemente la forcella e la sede del sentiero (h 2,00 dall'attacco).
Si segue il sentiero A verso destra, dapprima in leggerissima salita, poi in piano. Alternando panoramici tratti scoperti ad altri in un fresco bosco, si prosegue a mezza costa, si supera il modesto Rio da Zinzæa (pochi metri prima del rio stacca a sinistra la labilissima traccia per il Baro da Zinzæa) e, aggirato un nuovo costone, si incontra lo stacco a destra del "Sentiero di Rocca Spaccà" (cartello segnaletico in legno, h 0,30 dalla fine della via).
Si scende per questo sentiero, che dapprima si mantiene sul filo di un costone fra i pini, quindi inizia a scendere con alcune decise svolte (vegetazione a tratti fastidiosa). Superati alcuni alberi caduti, si giunge presso la Rocca Spaccà, un grosso roccione inciso da una profonda fenditura (quasi un canyon roccioso) in cui si insinua il sentiero (rozzi scalini in pietra). Oltre questo caratteristico passaggio, si prosegue la ripida discesa nel fitto bosco fino ad intercettare l'ampio sentiero C2 (h 0,20 dallo stacco del sentiero), che unisce il Passu du Figu con la località I Ruggi.
Si segue il sentiero verso destra, si taglia nuovamente il Rio da Zinzæa (tubo dell'acqua) e si raggiunge in breve lo stacco del sentiero C5 (h 0,15 da dove si intercetta il sentiero C2, palina).
Quindi scendere decisamente a sinistra, lungo il segnavia C2, fino al Passu du Figu, e da qui al Ponte Negrone e alla macchina attraverso l'Oasi del Castagno.
Fonte: gambeinspalla.org